<![CDATA[“Guida pratica al sabotaggio dell’esistenza”]]>mandracchia

(inedito, scritto durante il lockdown del Marzo-Aprile 2020. In seguito pubblicato altrove)

Durante questi giorni “di arresti domiciliari” per la maggior parte della popolazione, tutt* noi riflettiamo sulla morte, (dato che l’attenzione dei più, se non di tutt*, è su tematiche lugubri), e proviamo – in misura diversa – solitudine e/o alienazione. Può quindi essere interessante, o quantomeno è coerente con questa situazione, parlare di un romanzo che tratta questi temi, indubbiamente “da sinistra”. Il protagonista di questo romanzo, a un certo punto fa una sorta di dichiarazione di intenti programmatica, che riflette il pensiero del suo autore. “Decisi di scrivere un libro, tenendo bene in mente che un bildungsroman autentico non può che concludersi con una presa nel culo” (1) afferma il protagonista di “Guida pratica al sabotaggio dell’esistenza”(2). Al contrario del suo personaggio, che viene dissuaso dal compiere la sua opera letteraria dall’apparizione nientemeno che di Pirandello che lo invita a smettere, e quindi c’è la rinuncia a scrivere, come nel corso del romanzo altre forme d’arte verranno tentate dal protagonista che ne viene dissuaso da “qualche autorità nel campo”, il Roberto Mandracchia fattualmente ….scrive un romanzo, che è quello di cui parliamo. Come dunque evitare “la presa nel culo” ? Non solo svincolandosi “dai canoni” di quello che è il “bildungsroman autentico”, ma soprattutto concludendo la vicenda non con la maturazione dell’adolescente protagonista, né tantomeno con un finale in qualche modo “aperto”, ma concludendolo con una morte annunciata. La morte, la solitudine, l’estraneamento da una realtà in cui non c’è nulla di positivo, sono, come ho già scritto, tra i temi di questo romanzo. Anche l’amore è tutto, tranne “l’incontro tra due anime” , ed è simbolico che, in questo romanzo, fin dalla sua prima apparizione il colore associato alla ragazza amata dal protagonista è il bianco (3)….ricordate cosa scrive ad es. Melville del colore bianco ? Nei loro incontri “intimi” non c’è mai “congiunzione”, solo “danni fisici” fatti o subiti (che non sono neppure fonte di piacere, ma solo il segno dell’incapacità reciproca a relazionarsi in altro modo) il dialogo è ….Molto poco, certo non uno scambio tra punti di vista diversi, la massima espressione d’amore diviene rendere l’altro una sorta di oggetto, trasformandolo in una specie di messaggio in bottiglia per il mondo esterno “Mi piace pensarti come quei manufatti terrestri che vengono infilati dentro delle capsule lanciate poi nello spazio -un po’ come hanno fatto con i dischi dei Beatles e le variazioni Goldberg [….] Nell’eventuale caso che le forme di vita aliene, venendone a contatto, si rendano conto dei livelli che hanno raggiunto i terrestri” (4). Quindi non c’è il riconoscimento dell’altro (in questo caso altra) come persona, ma una mera proiezione del sé, che a un certo punto viene “ritirata” , infatti la donna amata – Marta – a un certo punto scompare, per ritornare solo come allucinazione (della cui illusorietà il protagonista è totalmente consapevole) al momento della morte dello stesso. Il sesso c’è, ma ha valenze unicamente negative, dalle molestie subite dal sacrestano, fino all’erotomania che porterà alla morte il padre del protagonista…La famiglia del protagonista è formata da persone concentrate su sé stesse, che vengono “portate via” dai loro stessi limiti (il padre, come ho già ricordato muore a causa della sua infedeltà, la madre impazzisce per il senso di colpa e finisce in una casa di cura); un nonno pur disponibile è comunque “perso nei suoi pensieri e nei suoi ricordi”. L’unico grande amico Gero, ha valenze ambigue, un po’ cerca di salvare il protagonista – in primis dalla sua relazione con Marta, cosa questa che non depone gran che a suo favore – un po’ è sostanzialmente indifferente alla sua sorte, e finisce per “diventare qualcuno” nel mondo dei soldi e della finanza. Dell’istituzione scolastica emerge solo la ripetitività (se non la reazionarietà) dell’insegnamento. Il contesto storico – Agrigento contemporanea – è molto delineato, ma presenta solo aspetti negativi. “Garogenti [ Agrigento N.d.R.] non era una città, ma la parodia grottesca di una città. Garogenti era un’accozzaglia di logore quinte teatrali. I suoi abitanti non avevano nulla dei cittadini, ma degli attori, dei saltimbanchi, degli istrioni” (5). Nel corso dell’opera si ritornerà con varie metafore sulla “pochezza morale” della vita nella cittadina.Si parla nonostante tutto, anche di problemi storico-sociali. Per esempio la mafia c’è, (e influisce nelle vicende del romanzo) ma è quasi un’elemento del paesaggio, perde i connotati di fenomeno da combattere, per parere quasi una fatalità della natura anche quando uccide, ma di cui si mostrano anche gli aspetti banali e le piccole miserie …Il protagonista non conosce l’impegno politico se non come fantasia-sogno-reminescenza; ritroviamo in questi termini la lotta armata (6), il Maggio francese (7), ma anche – con una sorta di rovesciamento – il Cile di Pinochet (8). Date queste premesse, non sorprende che i termini di “spazio-tempo” vengano messi in dubbio dal protagonista: “Forse non mi trovo a Garogenti e non mi trovo persino sulla terra. Forse sono su un altro pianeta o su un astronave che è una costruzione composta da due cubi uno più piccolo, l’altro più grande” (9). Quali vie di fuga restano? I tentativi artistici vengono frustrati -lo ripeto- dall’intervento di varie figure (ho già ricordato ad es. l’apparizione di Pirandello). Le droghe accentuano solo il senso di estraneità e lo spaesamento, l’eroina poi, con le sue crisi d’astinenza, “peggiora la situazione”. Rimane solo la morte. A noi, “in contesto diverso” spetta il difficile compito di trovare altre soluzioni. Il merito del romanzo è però quello di porre il problema; se ci suggerisse anche le soluzioni cadrebbe nel didattico, cosa che è raramente un pregio per un’opera d’arte, a meno che non si parli di Brecht. I problemi che esso affronta vanno al di là dell’adolescenziale; pongono interrogativi e dubbi a tutti noi. E, il Mandracchia, con una prosa che io paragonerei a quella per esempio della Isabella Santacroce nelle sue opere migliori, indubbiamente riesce “a farci riflettere”.

(1) Mandracchia Roberto, Guida pratica al sabotaggio dell’esistenza, Agenzia X ed. Milano 2010, pag.79

(2) op.cit.

(3) ibid. pag. 17

(4) ibid. pag. 122

(5) ibid. pag.20 . Comunque in più punti del romanzo si descrive la città siciliana con metafore poco lusinghiere.

(6) ibid. pag 53 -55

(7) ibid. pag. 74 -75

(8) ibid. pag. 112 -113

(9) ibid. pag. 56

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