La “banda 22 ottobre”, di Paolo Piano

Rientra nei “fatti storici” che uno dei primi “nuclei” a passare alla lotta armata, fù il cosiddetto “Gruppo XXII Ottobre” attivo a Genova (e dintorni) tra il 1969 e il 1971. Sulle vicende che li videro protagonisti sono stati scritti -o almeno: sono a conoscenza di chi scrive- due libri. Il primo è “Animali di periferia” di Donatella Alfonzo (1), che sebbene si avvalga anche delle testimonianze di alcuni dei protagonisti, ha visto “il ripudio” ufficiale da parte di uno degli intervistati (2). L’altro è quello di Paolo Piano “La <<banda 22 ottobre>> – Agli arbori della lotta armata in Italia” edito dalla casa editrice DeriveApprodi (3).

Il libro parte dall’episodio che segnò in pratica la fine della vita operativa del gruppo, ossia la rapina, o per essere più esatti dovremmo dire “lo scippo a mano armata” a scopo di finanziamento ai danni dell’istituto autonomo case popolari a Genova del 26 marzo 1971. Rapina finita male, con la morte di un portavalori. Le immagini della rapina, subito pubblicate, in una sequenza oltretutto arbitraria e tendente a colpevolizzare quello che in fin dei conti è stato un omicidio non voluto, scatenarono un vero e proprio “linciaggio mediatico”. Uno dei partecipanti, Mario Rossi, venne arrestato immediatamente dopo l’accaduto. Subito dopo viene arrestato un “perfetto estraneo” Salvatore Ardolino, solo sulla base del fatto che viene trovato intento a vestirsi da donna, e quindi sospettato di voler evitare la propria identificazione, poi costui confessa tutto quello che gli inquirenti vogliono, inventandosi tutto di sana pianta, e addirittura viene trovato positivo alla prova del “guanto di paraffina”, il che deve far riflettere sull’attendibilità di simili prove, dato anche che poi risulterà del tutto estraneo ai fatti.

Comunque le indagini proseguono, in un clima di “demonizzazione” anche da parte del Pci locale, e piano piano viene smantellato tutto il gruppo, che tra l’altro non si era neanche dato “un nome”; il nome 22 Ottobre lo dà a loro la stampa partendo da un biglietto ferroviario trovato nelle tasche di Mario Rossi, e questa rapina finita male viene collegata alle altre azioni del gruppo, o meglio ad alcune delle altre azioni del gruppo, perché ad esempio l’incendio di un camion militare americano -trasportante armi per i soldati americani in Vietnam- non gli viene attribuita dagli inquirenti perché magistrati e “benpensanti” chiamiamoli così, cercano in ogni modo di dipingerli come “delinquenti comuni” e di non dare risalto all’aspetto politico delle loro azioni. Sono interessanti e significative anche le interferenze realizzate dal gruppo sui programmi televisivi, realizzate confrontandosi dialetticamente con “altre idee” di Feltrinelli, una sorta di ”  hackeraggio ante-litteram”, in cui (ma qui vado oltre il testo di Piano) possono essere considerati i precursori di azioni realizzate nei giorni nostri su internet.

Il Pci locale, dal canto suo cerca addirittura, almeno in un primo momento del processo, basandosi sul fatto che ad una delle azioni aveva collaborato un pregiudicato comune di chiare simpatie di destra, di farli passare come fascisti. E questo perché era profondamente scomodo per un Pci sempre più orientato quantomeno alla convivenza, per usare un termine moderato, con “lo status quo”, riconoscere che delle azioni di lotta , in realtà poi, secondo me, anche “non troppo violente” perché nel “curriculum” del gruppo troviamo soprattutto attentati contro “cose”e non contro “persone”, ma per il Pci locale stavo dicendo, era molto scomodo riconoscere che delle azioni “di lotta armata”  fossero state portate avanti da degli elementi che perlopiù si erano formati o comunque “gravitavano” attorno al Pci.

Come scrive Franco Fratini nella sua introduzione all’opera, “All’inizio degli anni Settanta la Resistenza era finita da trent’anni, ma molti a sinistra sia fuori che dentro il Pci desideravano che quella lotta e quella guerra di liberazione venissero riprese e infine portate a termine, e continuavano ad adoperarsi per farlo.”(4) Io però aggiungo: non certo però i vertici del Pci, (tranne isolate eccezioni) neppure a livello “genovese locale”

Il libro di Paolo Piano ricostruisce la storia dei vari componenti del gruppo, avvalendosi della testimonianza diretta di molti dei protagonisti. Sono storie di proletari che progressivamente sviluppano la loro coscienza politica a contatto con le difficili condizioni materiali del dopoguerra. E ricostruisce anche le fasi del processo che durerà per circa quattro anni, e, anche se terminerà con condanne molto pesanti, vedrà il progressivo formarsi di un largo “credito politico” a favore del gruppo, che culminerà con la richiesta delle Brigate Rosse, in occasione del sequestro del giudice Mario Sossi, (che, tra le altre cose, era quello che fungeva da pubblico ministero durante il processo alla “22 Ottobre”) della liberazione di 8 membri del Gruppo XXII Ottobre. La Corte d’assise d’appello di Genova il 20 maggio 1974 diede parere favorevole alla libertà provvisoria. Ma il procuratore della Repubblica Francesco Coco si oppose al mantenimento dell’impegno (5).

Concludono il volume vari documenti tra cui quelli del soccorso rosso e i comunicati sul tema delle Br. Al volume è allegato un dvd con le interviste ad alcuni dei protagonisti. Un testo molto interessante per chiunque sia interessato alla storia di quegli anni.

(1)Donatella Alfonzo, Animali di periferia. Le origini del terrorismo tra Golpe e Resistenza tradita. La storia inedita della Banda XXII Ottobre, Castelvecchi, Roma, 2012.

(2)http://www.informa-azione.info/lettera_aperta_di_augusto_quottinoquot_viel_sul_libro_%E2%80%9Canimali_di_periferia%E2%80%9D

(3) Paolo Piano “La <<banda 22 ottobre>> – Agli arbori della lotta armata in Italia”, ed. DeriveApprodi, II edizione riveduta e corretta, Roma 2008.

(4) Paolo Piano, op.cit. Pag.23
(5) fonte: Wikipedia



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